Salta l’imposta unica immobiliare

 

E’ durata poco meno di due ore l’idea di introdurre un’imposta unica immobiliare al posto di Imu e Tasi. Il tanto agognato accorpamento delle due tasse sul mattone, chiesto a gran voce dai comuni per dare stabilità e certezza alle risorse municipali e agli adempimenti a carico dei contribuenti — scrive Italia Oggi — è stato prima presentato dal Pd come emendamento alla Manovra (primo firmatario Maino Marchi, capogruppo Dem in commissione Bilancio) e poi ritirato dopo aver fatto discutere e creato mal di pancia bipartisan per tutto il pomeriggio. Il motivo? Dopo attente verifiche «abbiamo appurato che in alcuni casi ci potrebbe essere, anche se lieve, un aumento della tassazione per i cittadini», ha osservato Marchi, giustificando il dietrofront.  A essere colpita non sarebbe stata la prima casa, che sarebbe rimasta esentasse, ma le seconde case, i negozi e gli uffici. Vediamo perché. Al momento infatti la somma di Imu e Tasi non può superare il 10,6 per mille. Solo nei Comuni che hanno previsto detrazioni Tasi sulla prima casa il tetto massimo dei due tributi può arrivare all’11,4 per mille. Nel progetto del Pd l’Imi avrebbe avuto aliquota ordinaria all’8,6 per mille ma i Comuni avrebbero potuto aumentarla fino all’11,4 per mille. Tutti i Comuni, e non solo alcuni, come invece previsto nell’attuale regime. Una circostanza che ovviamente ha creato panico tra i proprietari e tra le fila dell’opposizione.

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